7 marzo, 2017

Come nasce una campagna pubblicitaria

Valeria Matacchieri

condividi

La storia vera del processo creativo

 
In questi giorni ho affrontato il tema del processo creativo con i miei studenti. Come sempre, ho pensato di partire dal racconto di un case study di recente realizzazione per Banca Patavina.

Le storie di successo (ma anche quelle di insuccesso) sono perfette per finalità didattiche perché aiutano l’immedesimazione, facilitano il ricordo, permettono di esplorare scenari alternativi e confrontarsi con il mondo reale in un ambiente protetto. A questo proposito ho appena letto un libro interessantissimo di Jonathan Gottschall dal titolo “L’istinto di narrare. Come le storie ci hanno reso umani”, che illustra una teoria illuminante sul perché l’uomo, più di ogni altro animale, dipende dalla narrazione.

Tornando alla nostra storia…
È un bel pomeriggio dei primi di ottobre quando Luca, project manager, mi passa il brief di Banca Patavina.
Il committente sono le Bcc di Sant’Elena e Piove di Piove di Sacco che dal primo gennaio 2017 si uniranno in Banca Patavina: un’unione strategica per il radicamento nel territorio e lo sviluppo di un’offerta sempre più efficace e vicina alle esigenze reali dei clienti.

Il nostro compito è quello di realizzare una campagna di branding che dia il La alla nascita della nuova banca, con un messaggio ampio che sia da un lato rassicurante verso i clienti fidelizzati e dall’altro ambizioso, aperto al cambiamento, in grado di coinvolgere anche nuovi pubblici.

Dobbiamo parlare di un cambiamento positivo che mette insieme passato, presente e futuro; guardare avanti, ma fedeli all’importante eredità di un secolo di storia delle due bcc.
 
Il tema mi piace, non capitano tutti i giorni argomenti di questo tipo. Riuscire a parlare di valori quando si tratta di banche in questo frangente storico non è cosa da poco, una bella sfida…

 

 

CAPITOLO 1. ANALISI E RICERCA: IL KIT DEL BRAVO ESPLORATORE

Luca ha già raccolto molte informazioni nei primi incontri con il cliente e ha definito con loro una buona bozza di piano media. Comincio a fare molte domande, chiaramente non a tutte Luca risponde: è necessario fissare presto un nuovo incontro con il cliente, anche perché la campagna dovrà uscire nel mese di dicembre, il tempo è davvero poco, come sempre.

La fase di ricerca e analisi ha riguardato 4 passaggi fondamentali
  • Letteratura: abbiamo letto tutto il materiale prodotto dalla Banca negli ultimi anni e analizzato le video-interviste fatte ai clienti. Fondamentale è stata la lettura dello Statuto che ha fatto chiarezza su una peculiarità unica delle bcc, cioè l’obbligo di reinvestire nel territorio quanto raccolto dal territorio;
  • Dati sulla segmentazione della clientela;
  • Benchmarking: analisi dei competitor e delle altre bcc;
  • Focus group: propongo a Luca di organizzarlo, consapevole che le banche sono strutture piuttosto gerarchiche, dove il management difficilmente ha a che fare in modo diretto con le esigenze quotidiane della clientela; vorrei parlare con chi i clienti li conosce per nome e, in più, vorrei capire se c’è allineamento tra i team di lavoro delle due banche. Organizziamo, quindi, con grande disponibilità del nostro interlocutore, un incontro con diverse figure del team delle due banche (management, marketing, vendite, customer care ecc.) per fare emergere value proposition, valori del brand, racconti sulla clientela, posizionamento percepito e desiderato ecc.

In questa fase è necessario essere curiosi, ma riservati. È fondamentale nutrire un vero interesse per la materia che si sta analizzando, essere aperti, fare domande e porsi interrogativi, scavare e non fermarsi alle prime e più scontate risposte.

Molto spesso il cliente non coglie da subito la necessità di questa ricerca, è quasi sospettoso. In più occasioni, dopo alcune domande, mi sono sentita dire da qualche cliente impaziente che eravamo stati chiamati per dare risposte e non per fare domande. Allora ho imparato che è importante chiarire il perché di tali domande, a cosa serviranno i dati raccolti e promettere la dovuta riservatezza. Quando il tempo e il budget lo permettono è importante coinvolgere il cliente in esercizi di cambio di prospettiva che interessino anche clienti e stakeholder.

Il focus group è stato davvero molto proficuo, il team ha reagito molto bene, tutti erano desiderosi di intervenire, di portare il proprio punto di vista; sono emersi aneddoti sul rapporto con il cliente che ci hanno detto molto delle relazioni umane che si instaurano allo sportello.
Poi a un certo punto mi hanno scoperta: sono cliente di una banca competitor. I ruoli rischiavano di rovesciarsi; il responsabile commerciale ha iniziato a incalzarmi di domande, ho capito che era meglio filare.
 

 

CAPITOLO 2. DALL’ANALISI ALLA STRATEGIA E ALLA DEFINIZIONE DI POSSIBILI CONCEPT: PER FORTUNA ESISTONO LE MAPPE MENTALI

mindmap concept

Tanto è stuzzicante la fase di ricerca, quanto onerosa la fase di sintesi.

La definizione della strategia passa attraverso un grande lavoro di sintesi, in cui incrociare dati qualitativi e quantitativi, eliminare il rumore e focalizzare obiettivi, definire priorità di target e di messaggi, isolare concetti e definire la promessa. Nel caso di Banca Patavina, i valori su cui puntare sono davvero molti: la fiducia in una banca che investe nell’economia reale, la capacità di investire nel territorio, la vicinanza ai problemi delle persone, la storicità e la solidità delle relazioni umane… Come sintetizzare tanti aspetti in un’unica promessa?

Iniziamo con aprire Coggle una web app che permette di creare velocemente piacevoli e colorate mappe mentali.

La mappa mentale è uno strumento ideale per rappresentare in un’unica schermata una strategia anche molto complessa. Piace molto anche ai clienti, perché sintetica e visiva. Mentre Luca rilegge gli appunti ad alta voce, inizio a creare la mappa, lavoriamo speditamente, ogni tanto mi soffermo un po’ troppo nella scelta della gradazione di colore per il nuovo ramo della mappa, Luca si innervosisce, ma alla fine la mind map è completa e ci guida nella stesura del creative brief, in cui sono riassunte e ordinate tutte le informazioni utili al team creativo.

 

 

CAPITOLO 3. DAL CREATIVE BRIEF AL BRAINSTORMING: FOTO DI GRUPPO CON CREATIVI

brainstorming creativo

È il 20 di ottobre, inizia il brief con il team di creativi: oltre a me, ci sono i grafici (Maydee, Matteo e Valentina), i copy (Costanza e la giovane Giulia in stage), c’è il project manager (Luca). Antonio dovrebbe fare altro, ma ormai gli abbiamo invaso l’ufficio, ascolta con un orecchio e ogni tanto interviene. È una fase delicata, è importante trasmettere entusiasmo per motivare il team, ma le informazioni del brief devono essere riportate in modo neutro, senza interpretarle, con chiarezza ed esaustività. Poi c’è il tempo per le domande: i copy ne fanno tante, i grafici poche, iniziano a carburare quando vedono delle immagini e allora via al brainstorming.

In questa fase vige una sola regola: non esistono idee brutte o stupide, non esiste il giudizio.
È istintivo quando viene proposta un’idea provare subito a valutarla: funziona, è già “vista”, non mi piace, è troppo o è troppo poco. Ma non è questa la fase per sabotare le idee… arriverà.
Il primo brainstorming si conclude per raggiunti limiti di tempo, senza grandi frutti. È sempre difficile rompere il ghiaccio, iniziare a scrivere qualcosa: si comincia con delle parole chiave, delle mezze frasi. Calendarizziamo a stretto giro un nuovo incontro. Nel frattempo il weekend porterà consiglio.
 

 

CAPITOLO 4. BRAINSTORMING E IDEAZIONE. DAL CONCEPT ALL’IDEA CREATIVA: EMPATIZZARE, ASSOCIARE, ISPIRARSI

sviluppo concept adv

È così, infatti: le idee vengono nei momenti più impensati, ma non sono mai casuali, sono sempre frutto di un lungo allenamento.
 
Nessuno ti insegna mai come si fa ad avere le idee. Ho letto molti articoli sulla ricerca di tecniche e suggerimenti per stimolare la creatività e alla fine ho elaborato un metodo che passa per 3 fasi:  empatizzare, associare, ispirarsi. Ecco in cosa consiste:
  • Cerco di mettermi nei panni del target o, meglio, delle personas e penso al problema che il prodotto/servizio mi risolve, a come mi sentirò utilizzando quel prodotto/servizio, perché sceglierei quel prodotto/servizio invece di un altro, che esperienza è in grado di farmi fare.
  • Quindi scrivo la “promessa” del brand su un foglio di carta, sottolineo e riscrivo le parole chiave contenute nella frase, costruisco delle aree semantiche (qualcosa tipo le nuvole di tag) e associo alle parole o alle nuvole delle immagini, quindi continuo a pensare per immagini, ad esempio personificando degli attributi, ragionando per figure retoriche (paradossi, iperboli, similitudini ecc).
  • A questo punto, esausta e per lo più scoraggiata, inizio a cercare ispirazione altrove, guardando immagini, campagne, idee già realizzate anche inerenti temi completamente diversi.
E poi basta, salgo in macchina e vado a casa, a far la spesa o altro… è tipicamente in questo tipo di situazione che arriva l’idea, esattamente quando non hai un foglio e una penna o uno smartphone per scriverla.
L’insight è un’esperienza bellissima, uno dei momenti più gratificanti del nostro lavoro. Quando arriva hai solo un pensiero: raggiungere al più presto un foglio di carta per descriverla, magari affiancata a delle immagini che riescano a trasmetterne il senso. Poi immediatamente si passa all’elaborazione dell’idea successiva per non rischiare di innamorarsene.
 

 

CAPITOLO 5. DALLA DIVERGENZA ALLA CONVERGENZA: UCCIDIAMO LE IDEE

mindmap

Eccoci nuovamente in una fase di convergenza: selezionare le idee che funzionano e decidere su quali proposte lavorare.
Ci riuniamo quindi nuovamente con questo preciso obiettivo.
Matteo ha una particolare attitudine per questo: nessuno sa uccidere idee che non funzionano meglio di lui  😉
 
Dopo un’animata discussione, alla fine devo prendere una decisione e scelgo le tre proposte sulla base di diversi criteri:
  • la rispondenza agli obiettivi e quindi l’efficacia;
  • la memorabilità (costituita da un mix tra chiarezza, emozione, curiosità e impatto);
  • la realizzabilità (quante astronavi, mongolfiere, mondi paralleli ho dovuto uccidere in questa fase…)
  • l’empatia che susciterà nel cliente. In questo senso mi premuro sempre di avere un’idea che sia nelle corde del committente e poi qualcosa di inaspettato, che osi di più…

 

 

CAPITOLO 6. LA CORSA VERSO LA PRESENTAZIONE: SE QUALCOSA PUÒ ANDAR STORTO LO FARÀ ORA

Scopo di questa fase è quello di riuscire a elaborare le proposte in modo che trasmettano al cliente l’idea e il mood della campagna, utilizzando però foto in bozza e non scatti definitivi, storyboard e non un montaggio completo ecc: si tratta di un’impresa non semplice, perché si richiede uno sforzo di immaginazione particolarmente difficile per chi non è abituato a farlo di mestiere e, inoltre, è facile farsi influenzare dall’impatto più o meno positivo dato dai particolari.
 
In questa fase noi stessi ci accorgiamo talvolta che l’idea immaginata su carta non ha la stessa forza nella sua realizzazione e allora è necessario mettere in atto una serie di aggiustamenti fino ad anche abbandonare l’idea, come è successo per una delle proposte che avevamo immaginato per questa campagna.
Per un’altra delle idee, proprio quella che poi è stata scelta per la realizzazione finale, invece è stato necessario intervenire sui suoi protagonisti…
 
[piccolo flashback]
 
I ricordi più belli sono quelli che verranno” è un’idea che parte proprio dal claim. Continuavo a pensare a come si potessero mettere insieme dimensioni temporali diverse: il passato illustre della banca, con il presente della fusione e il futuro di opportunità derivanti da questa fusione e ad un certo punto mi è venuta in mente una conversazione fatta con mio marito: parlavamo di alcuni bei ricordi e a un certo punto lui in un slancio di romanticismo ha suggerito che, sì avevamo tanti bei ricordi, ma che i momenti più belli dovevano ancora venire… da lì il passo è stato breve: “ I ricordi più belli sono quelli che verranno”.

Il claim mi piaceva, ma come rendere in un’immagine statica questo paradosso?

Ho trovato l’immagine di un neonato in un lettino visto dall’alto, dal punto di vista probabilmente di un genitore intento a scattargli una foto con lo smartphone per mantenere un ricordo indelebile di quella tenerezza… ho immaginato che in quel momento di orgoglio genitoriale, una mamma si trovi a fare progetti e a fantasticare sul futuro di quella creatura, un futuro incerto, ma pieno di opportunità: una laurea, forse? Ecco allora che nello schermo dello smartphone appare il figlio, poco più che ventenne, un bel ragazzo sorridente, fiero, con la sua corona d’alloro al collo.
 
[fine del flashback]

Rieccoci con Matteo e Maydee alla ricerca delle foto più adatte a realizzare la proposta: non si trova un laureato “nostrano”, niente corone d’alloro, ma solo divise con tunica e tocco, di chiara ispirazione americana. Nel complesso il risultato non è convincente: un fondale un po’ asettico e in primo piano “Ken al college”: non è quello che mi aspettavo, non c’è l’autenticità dell’emozione che avevo immaginato…

Pensa, pensa, pensa, alla fine Antonio ha un’idea: i progetti per il futuro possono essere tanti e se fossero due teneri ragazzini e il coronamento del loro sogno d’amore? Ma certo, la storia d’amore è perfetta! La ricerca ci permette di recuperare immagini di maggior impatto visivo ed emozionale.
Siamo pronti per la presentazione.
 
prima e dopo

 

CAPITOLO 7. IL GIORNO DELLA PRESENTAZIONE: QUANDO LA SQUADRA CONTA SU DI TE

La presentazione della campagna si è svolta in due fasi: una prima presentazione davanti ad un gruppo ristretto, più “tecnico”, e una allargata a tutti i decisori e alcuni stakeholder.
 
Si tratta di un momento delicato in cui è in gioco il frutto del lavoro di settimane dell’intera squadra e in cui hanno un ruolo anche fattori personali ed emotivi: abbiamo tutti giornate in cui ci sentiamo più o meno in forma e più o meno empatici con gli altri e questo vale anche per chi sta dall’altra parte del tavolo.
Ci sono però alcune regole d’oro per affrontare una presentazione in modo efficace che personalmente trovo sempre vincenti:
 

 

Seguo un percorso logico e motivo ogni scelta
È necessario guidare il pubblico verso il risultato. Parto dalle premesse (il brief in breve) e conduco gli uditori passo passo nei vari passaggi del ragionamento che hanno portato alle conclusioni su cui si basa la proposta, motivando ogni scelta fatta. Se il pubblico condivide ciascuna delle deduzioni logiche è molto difficile che non ne accetti il risultato. In questo modo chi ascolta non prenderà la proposta come qualcosa di calato dall’alto, ma come la naturale evoluzione degli obiettivi consegnati.
 

 

Dichiaro le regole del gioco
Non è per nulla scontato che chi ho davanti conosca perfettamente gli strumenti del mestiere. Spesso è meglio spiegare quali sono i requisiti per valutare una campagna (ad esempio il fatto che ogni campagna deve avere un solo e unico messaggio, oppure che un’affissione stradale 6×3 deve avere un testo grande e brevissimo per poter essere recepito…), quali sono gli elementi ancora in bozza che potranno essere migliorati, come si legge uno storyboard o il significato della terminologia che uso. Ognuno è un esperto nel proprio lavoro, ma è fondamentale che il committente capisca cosa gli si sta vendendo, esattamente come quando vogliamo capire le caratteristiche del televisore o del tostapane che stiamo acquistando.
 

 

Dividersi i compiti
Spesso le presentazioni sono organizzabili in diverse aree tematiche: la strategia, la creatività, il piano media, il budget, la squadra ecc.
Avere diversi professionisti che illustrano parti diverse della presentazione può comunicare specializzazione e competenza e dare più ritmo alla presentazione. Ecco allora che con Luca ci dividiamo la presentazione, passandoci la palla nel momento opportuno come con un assist prima di calciare in porta.
 

 

Presento la squadra valorizzo il lavoro team
Il nostro è praticamente sempre un lavoro di squadra, ma il cliente non può immaginare quante figure professionali cooperino nella realizzazione di un prodotto di comunicazione.
Inoltre nel nostro settore, dove pullulano reti spesso improvvisate di freelance, la presenza di figure professionali specializzate interne all’agenzia è un particolare valore.
Il cliente sarà ben felice di venire a conoscenza di quanto lavoro e quante persone sono state occupate nella realizzazione del proprio progetto comunicativo.
 

L’ultima presentazione realizzata in Banca Patavina credo la ricorderò a lungo… Non è nelle aspettative trovarmi di fronte quindici persone, per lo più sconosciute, pronte a giudicare la proposta, anche se ben presto è chiaro che la persona da convincere è più che altro una, di quarant’anni più vecchia di me, con un ruolo e un’esperienza indiscutibili.

Il discorso conclusivo di approvazione della nostra presentazione è commuovente, non solo perché la proposta piace ed è ritenuta perfetta per gli obiettivi proposti, ma soprattutto perché questo anziano saggio coglie e apprezza tutte le sfumature e le difficoltà del lavoro realizzato, prima tra tutte la capacità di sintetizzare valori, aspirazioni e promesse in un unico messaggio chiaro, ma evocativo.

Appena uscita, mando un sms laconico, ma pieno di significati, indirizzato a tutto il team: “Vi dico solo questo: i ricordi più belli sono quelli che verranno”.

 

CAPITOLO 8. DALL’ESECUZIONE ALLA MESSA ON AIR: IN UNA FREDDA MATTINA DI DICEMBRE

realizzazione grafica Banca Patavina
 
A questo punto c’è meno di una settimana lavorativa per perfezionare le bozze e realizzare tutti i formati e gli esecutivi per affissioni, stampa, web, radio.
 
Tutto il team è di nuovo al lavoro: fotoritocco, impaginazione, definizione dello storyboard radiofonico, controllo delle bozze… Tutto fila abbastanza liscio fino a quando non arriva la registrazione dello spot: le voci dei bambini sembrano quelle di due marziani che parlano in falsetto.
 
Impossibile rimediare a pochi giorni dalla messa in onda; l’unica soluzione è quella di sostituirle in corsa.
Comunque finalmente ci siamo: è una fredda mattina di dicembre quando, andando al lavoro, avvisto la prima affissione.
 

 

CAPITOLO 9. FOLLOW UP: L’INIZIO DI UNA NUOVA STORIA

Questa è la storia che ho raccontato ai miei studenti, depurata di qualche aneddoto che preferisco non riportare alle cronache, una storia di agenzia vissuta, in cui ogni riferimento a persone esistenti o a fatti accaduti è totalmente reale.

Un’avventura che non si esaurisce qui, perché ci attende un nuovo appuntamento nella neonata Banca Patavina per fare il punto sui risultati della campagna e pianificare il futuro, ma questa è un’altra storia e si dovrà raccontare un’altra volta…

 

Vuoi ricevere 6 lezioni sul marketing per il B2B?  Come qualificare i clienti, creare contenuti forti, automatizzare i processi e  facilitare il processo d’acquisto, tutto nella tua casella di posta. Lasciaci  la tua mail per iniziare subito il minicorso!  Iscriviti ora